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10-02-2021

Spread Btp-Bund, quanto vale l'effetto Draghi?

Effetto Draghi sullo spread e sulla Borsa italiana. Il nuovo governo non è ancora ufficialmente nato, ma il solo nome dellex governatore della Bce è bastato a ridare lustro al modo in cui la finanza percepisce il nostro Paese. Ma cosa significa nel concreto uno spread sotto i 100 punti?

Da quando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito l’incarico all’ex governatore della Bce di costituire un nuovo governo dopo il Conte  bis, l’Italia sembra entrata, finanziariamente parlando, in un’aura di grazia alimentata unicamente dalla grande fiducia e stima internazionale di cui gode Mario Draghi. Il quale, di per sé, ha svelato ben poco relativamente ai propri programmi, oltre ai due minuti scarsi del proprio discorso in cui ha accettato (con riserva) l’incarico e alle indiscrezioni trapelate dalle consultazioni. Il personaggio, si sa, poco si presta alle parole a vuoto: e forse proprio per questo ci si fida di lui.

Sta di fatto che dal 2 febbraio, giorno in cui Draghi ha accettato l’incarico a formare un nuovo governo, la Borsa italiana non ha mai chiuso in negativo, guadagnando quasi il 6%, mentre lo spread Btp-Bund (ovvero la differenza tra i rendimenti dei titoli italiano e tedesco, che in altri termini misura la maggiore o minore affidabilità del debito pubblico) ha ceduto quasi dieci punti, passando dai circa 107 punti base dello scorso 3 febbraio agli attuali 97 punti base circa, raggiungendo un livello che non si vedeva dal 2015.

“La discesa dello spread è in gran parte imputabile al riassorbimento dell'allargamento avvenuto a seguito della crisi politica italiana, - spiega Michele Morra, Portfolio Manager di Moneyfarm. - Pre-crisi (metà gennaio) lo spread era intorno ai 105 bps, ha raggiunto i 126 bps ed è tornato ora a 100 bps. Sembra probabile, dunque, che una volta riassestato il governo, lo spread possa stabilizzarsi intorno ai livelli attuali o continuare gradualmente il percorso di riduzione già cominciato a marzo 2020 e indirizzato ai livelli pre-maggio 2018”.

Cosa significa questo per l’economia italiana? Che al momento il risparmio dello Stato in termini di interessi pagati sui titoli di Stato emessi è compreso tra il miliardo e il miliardo e mezzo di euro all’anno. Per i soli 500 miliardi di titoli in scadenza nel 2021, calcola l’Osservatorio del Conti Pubblici per l’Ansa, si parla di 100 milioni in meno. Il che si traduce in un minor rendimento, ma anche in un maggior valore del debito italiano sul mercato internazionale. Chi specula in bond e ne ha acquistati in un momento di sfiducia sui mercati, in cui i titoli valgono meno ma rendono di più, può quindi trovare in questo momento un buono spunto per vendere e monetizzare le proprie obbligazioni tricolori.

E potrebbe non essere finita qui. “La formazione di un governo a guida Draghi vale a nostro giudizio un restringimento dello spread di 20/25 punti base, - sostiene Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset di Pictet Asset Management. - Un’ulteriore compressione di 20 punti base sarebbe possibile sui progetti presentati e approvati dalla Commissione Europea contestualmente a credibili riforme strutturali su P.A., pensioni e giustizia presentate nei prossimi mesi. Il differenziale contro bund potrebbe così comprimersi dai 100 punti base attuali a 70 punti base, non lontano da quello fra il bund e i Bonos spagnoli”.

Morra è ancora più ottimista. “Nel lungo periodo, se davvero l’Italia dovesse risollevarsi dalla stagnazione dell’ultimo decennio e ridurre il proprio livello di indebitamento, in uno scenario estremamente ottimistico, lo spread potrebbe tornare a livelli pre 2008 (circa 20bps), o comunque riassestarsi ai livelli degli altri paesi dell’Europa periferica (Spagna e Portogallo), i cui spread sono intorno ai 50/57 bps. Come detto, questo dipende da numerosi fattori quali unione fiscale, ripresa dalla pandemia e ammodernamento del paese tramite messa in atto di riforme strutturali, richieste più volte dallo stesso Mario Draghi in veste di Presidente della BCE”.

Un toccasana per le nuove emissioni di debito. “Oltre ai risparmi sugli interessi già maturati in tutta la fase di discesa dei rendimenti a livello globale, - puntualizza Delitala, - che ci consente di emettere oggi a tassi mediamente (tra BOT CCT e BTP ecc.) vicini a 0%, ben al di sotto del costo medio del nostro debito pregresso (ca 2,5%), un ulteriore restringimento dello spread di circa 50 punti base, vale ogni anno, un ulteriore risparmio quantificabile in circa 1,5 miliardi di euro”.

“Si tratta di stime generiche, - avverte però Morra, - in quanto il risparmio reale dipenderà dal fabbisogno del governo italiano e dai movimenti dei tassi sulle diverse parti della curva, i cui differenziali potrebbero essere inferiori (lo spread si calcola sulle emissioni decennali). Tuttavia, tali stime sono indicative dell’importanza della fiducia degli investitori. Il vero tema resta legato alla sostenibilità di medio periodo. Quando l’intervento di sostegno delle banche centrali verrà meno quanto sarà sostenibile il servizio del debito? In questo senso la figura di Draghi può rappresentare una garanzia per gli investitori”.

fondi che verranno trasferiti all’Italia a valere sul bilancio della Commissione Europea, prosegue l’esperto di Pictet, consentiranno comunque ulteriori risparmi rispetto alla traiettoria del debito pubblico italiano, in quanto quei fondi rappresentano minori emissioni italiane e corrispondenti maggiori emissioni da parte dei Paesi ‘finanziatori’ (Germani, Francia, ecc.). Il differenziale di rendimento dovrebbe dunque comprimersi ulteriormente negli anni di erogazione dei fondi RRF (fino al 2027). Infine, se le riforme strutturali verranno realizzate efficacemente utilizzando i fondi del Recovery Fund producendo un sostanziale incremento della crescita potenziale dell’economia italiana, un’ulteriore restringimento dello spread è prevedibile passando attraverso il miglioramento del merito di credito del debito italiano da parte delle agenzie di rating. Insomma, un circolo virtuoso da non mancare.

 

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